IL CLASSICO SI FA POP – PALAZZO MASSIMO Sabato 16 Marzo 2019 ore 11

IL CLASSICO SI FA POP, DI SCAVI, COPIE E ALTRI PASTICCI

PALAZZO MASSIMO

Sabato 16 Marzo 2019 ore 11

La riproduzione del classico nei secoli, dai romani, a Canova, ai fotografi contemporanei. Una mostra immersiva con luci, specchi e video mapping. Nelle sedi di Palazzo Massimo e Crypta Balbi del Museo Nazionale Romano è in svolgimento Il classico si fa pop. Di scavi, copie e altri pasticci che mostra come copiare i capolavori classici sia una prassi storica e consolidata, dai romani a Giovanni Trevisan, detto Volpato. Possiamo ricondurre all’artista la prima “produzione seriale” di copie, realizzate in biscuit, che venivano vendute ai turisti del Grand Tour come souvenir. 

La mostra vuole raccontare la storia millenaria della fortuna dell’antico, attraverso il tema della copia, della sua riproducibilità dall’arte antica fino all’arte pop”, afferma Daniela Porro, Direttore del Museo Nazionale Romano. “L’argomento centrale è quindi quello delle copie, presenti già nell’arte romana, come i Discoboli che presentiamo qui, e non solo i due capolavori di Palazzo Massimo, che sono in fondo riproduzioni romane del Discobolo di Mirone, capolavoro del mondo ellenistico, fino alla fotografia di Mapplethorpe, che raffigura un modello statuario proprio come le sculture con cui dialoga”.

La mostra è nata da una scoperta archeologica, effettuata otto anni fa a Via Urbana, dove sono state rinvenute delle ceramiche che poi si è capito appartenere al periodo neoclassico, e in particolare alla fabbrica di Giovanni Volpato”, racconta ad Artribune Mirella Serlorenzi. “Un personaggio straordinario che ha dato vita a quella che possiamo chiamare industria dell’antico, e che tra le sue tante attività, produceva biscuit, ovvero statuine in una ceramica bianca porosa che sembrava marmo, di grandi opere d’arte per poterle vendere ai turisti del Grand Tour”. Si vuole quindi mettere in luce il concetto d riproducibilità dell’opera, trasportandolo anche nell’arte antica, quando “le opere d’arte non erano uniche e irripetibili ma anch’esse prodotti seriali”, afferma l’ideatrice della mostra. “In Grecia le statue venivano realizzate, in particolare quelle degli atleti, per essere poste in spazi pubblici e celebrare comunque la bellezza del corpo, la fisicità, legate allo svolgimento delle Olimpiadi. Queste opere meravigliose vengono copiate in età romana ma hanno un significato diverso, di cultura classica, e quindi vengono poste per decorare spazi pubblici ma anche spazi privati”.

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